Il Giudizio della Critica

«Gianmarco Lanza è uno dei migliori batteristi in Europa» (FULVIO ROCCATANO, in «Ritmo», giugno 2000, pp. 8-9)

«Gianmarco Lanza e il suo trio fanno brillare il suono della West Coast. Il batterista, giovane rivelazione del drumming italiano, per musicalità, swing e perizia percussionistica non ha nulla da invidiare a molti dei suoi più anziani maestri» («Il Resto del Carlino», 21 marzo 2002; «La nuova Ferrara», stessa data)

«L’opera prima di questo giovanissimo jazzman dice quanto (e come!) sia possibile dire coinvolgenti parole senza imporre, soltanto, originals perché incapaci di cimentarsi sulle musiche composte da grandi del passato. È ancora più evidente, infine, che la batteria per Gianmarco è il mezzo per offrire ai compagni una solida base sulla quale costruire le improvvisazioni, non uno strumento con cui “colorare” i passaggi delle esecuzioni: lo si ascolti nell’assolo To Shelly, Buddy and Louis e lì si troverà la chiara dimostrazione che il jazz italiano ha una nuova eccitante promessa» (GIAN CARLO RONCAGLIA, Note di copertina di The Revival of West Coast Jazz)

«Gianmarco Lanza è un vero e proprio ragazzo-prodigio della batteria. Egli ha una conoscenza capillare della storia del jazz, una precisione che sfiora il perfezionismo e un singolare anticonformismo che lo porta a schierarsi apertamente contro i suoi coetanei e i loro idoli più acclamati (Jarrett, Corea, Metheny, Frisell ecc.) e a proclamare senza mezzi termini la sua stima per i grandi del passato e soprattutto per gli esponenti di un genere, il californiano, oggi quasi dimenticato e che egli intende “rilanciare”. Una posizione – come si vede – assolutamente inconsueta per un giovanissimo e che, a prescindere dal merito, denota coraggio, indipendenza e chiarezza di idee. Il batterista-leader se la cava egregiamente, dimostrando di saper maneggiare con ottimi risultati non solo le predilette spazzole, ma anche le bacchette» (ANTONIO BERINI, in «Ritmo», LIX, maggio 2002, n° 769, pp. 32-33)

«Non ha ancora vent’anni ma si è già rivelato come un talento del jazz nazionale. Legato al sound californiano, Lanza predilige la più classica lezione di raffinati batteristi quali Shelly Manne, Buddy Rich, Louis Bellson» («Il Secolo XIX», 30 maggio 2002)

«The Revival Of West Coast Jazz è la sua opera prima. Un felice ricordo, un amore sconfinato per gli arrangiamenti ariosi, per gli stilemi di quel jazz colto e swingante della California, il jazz della West Coast. Lanza presta la sua inventiva ad una raccolta di temi rivelatori di quella fertile epoca jazzistica. Si mostra sensibile lettore, rivelando una propria identità interpretativa, evitando abilmente il rischio di cadere in facili e compiacenti insistenze. Convivono così dolci ricordi e swinganti omaggi a Shorty Rogers, a Buddy Collette, ad Art Pepper... con grande saggezza. Con suggestiva eleganza» (FEDERICO SCOPPIO, in «Vinile.com»/recensioni.jhtml?id=64994)

«Con i suoi sedici anni da poco compiuti, Gianmarco Lanza ha esordito nel mondo del Jazz con piena autorevolezza. Il batterista ci propone un CD di jazz “puro”, essenziale e assolutamente rigoroso, facendo riferimento al glorioso periodo californiano. Gianmarco Lanza, a mio (modesto) personalissimo avviso è partito col piede giusto, presentandosi senza compromessi al di sopra di ogni contaminazione, in una full immersion nel Jazz senza condizionamenti e senza mezzi termini. Cosa peraltro assai difficile da riscontrare nei giovani esordienti» (GINO FORTUNATO, «Il Nostro Giornale», 13 luglio 2002)

«Con Leveratto e Malaguti come “padrini” il diciassettenne batterista romano fa il suo ingresso nel jazz italiano dalla porta principale. Per la verità si tratta di un esordio solo dal punto di vista discografico: Lanza ha un decennio di strumento alle spalle, collaborazioni con maestri del calibro di Basso, Piana, Cerri, De Filippi, Rosa e suona stabilmente con i partner di questo disco. Lanza va alla ricerca delle radici, è attratto dai classici del jazz classico e moderno (non solo batteristi) e la conoscenza approfondita del passato non può che giovargli. È la dote migliore che serve per progredire. Lanza possiede swing e tecnica, ed è un piacere ascoltarlo accompagnare (ama spazzole e piatti, come Manne) con quelle figure ritmiche fantasiose, incalzanti, perfettamente a tempo, senza invadenza» (ANGELO LEONARDI, in «Musica Jazz», LVIII, agosto-settembre 2002, p. 72)

«Gianmarco Lanza possiede una funambolica tecnica swingante. Egli rappresenta non solo il futuro del jazz italiano ed europeo, ma già una splendida realtà» (FULVIO ROCCATANO, in «Tempo Libero», XXIII, luglio-dicembre 2002, p. 33)

«Quel giovanotto ci stupirà. Sin dall’immagine di copertina, in cui appare concentrato sul suo strumento in giacca e cravatta e chioma lunghissima, il batterista Gianmarco Lanza e il suo album di debutto non passano inosservati. C’è di mezzo la sua giovanissima età (diciottenne!) e soprattutto, a dispetto di essa, determinazione e personalità nelle scelte stilistiche. Ammiratore incondizionato del jazz californiano degli anni Cinquanta – e perciò in controtendenza con i gusti oggi imperanti –, dedica alle sonorità cool di quell’epoca l’intero album, rispolverando temi battuti pochissimo, ancorché deliziosi e trascinanti come scritti oggi. Come il giovane leader ha autorevolmente voluto, il jazz di questo album piacevolissimo e refrigerante scorre via in scioltezza e col gusto dell’autentica improvvisazione» (PIETRO MAZZONE, «Il Giornale della Musica», n° 190, febbraio 2003, p. 28)

«La nuova stella della batteria: Gianmarco Lanza è un drummer di sicuro avvenire. “Musica Jazz” ha segnalato ai jazzfans questa grande promessa attraverso il Top Ten 2002 con il magnifico piazzamento del batterista nella categoria dei “nuovi talenti”. Siamo davanti alla sorprendente novità della nascita di una nuova stella nel nostro limitato firmamento, in una categoria molto avara di rappresentanti di valore. Si rimane avvinti dalla fantasia di Gianmarco, che sfrutta in tutta la sua varietà il drum-set accompagnando ed interagendo con i due partners con una sicurezza fantastica, riempiendo i vuoti con accenni solistici di grande effetto. Proprio queste brevissime sortite trasmettono all’ascoltatore la sensazione che il batterista scalpiti, faticando a rispettare i vincoli impostigli: vorrebbe sconvolgere l’equilibrio del trio, diventare protagonista assoluto, mostrare tutta la sua abilità; si trattiene, rispetta le regole del gioco, ma si avverte la lotta interiore. D’altra parte, la fantasia e la straordinaria tecnica di Lanza – I’ll Remember April da questo punto di vista è stupendo – giustificano le sue istanze, mentre la sua giovanissima età rende ancora più comprensibile il desiderio di mostrare a tutti la sua maestria» (ROBERTO CAPASSO, Note di copertina del CD Lanza-Malaguti Leveratto Trio Live, in corso di stampa per la Splasc(h))

«Il grande batterista Gianmarco Lanza è stato classificato dalla critica nel 2002 fra i primi cinque nuovi talenti italiani e primo fra i batteristi» (PAOLO FABIANI, «La Nazione», venerdì 25 luglio 2003, p. XX)

«Il non ancora diciannovenne Lanza offre la sua pirotecnica abilità in un CD dal titolo Trio “Live”, con sorprendente baldanza ed una precisione inappuntabile» (CARLO PERONI, in «Il Secolo d’Italia», 14 gennaio 2004)

«Gianmarco Lanza, subito segnalato come nuovo talento e grande promessa benché ancora giovanissimo, aveva solo sedici anni, partiva da Shelly Manne e dai californiani, ma le basi sono sangue e non acqua: perciò si spiega come oggi sia andato così avanti. Di più: pur con tutto il rispetto per gli altri componenti di questo trio, la figura di maggior rilievo, per autorevolezza, ordine, chiarezza di idee è proprio lui. Bravo. Adesso aspettiamo il seguito» (LUIGI M. GUICCIARDI, in «Ritmo», LXI, marzo-aprile 2004, p. 27)

«Gianmarco Lanza è un sensibile ed attento musicista, che da sempre (benché ancora di età giovanissima) riscopre e ripercorre i sentieri della West Coast e del Cool Jazz. Ecco perché recensisco volentieri, e con entusiasmo, le ultime opere di un musicista che ha capito al volo (probabilmente fin dalla culla, vista l’età) cosa sia realmente il Jazz e l’importanza fondamentale della componente Swing. Lanza si dimostra tecnicamente maturo, mai prevaricante, sempre di una precisione cristallina degna di ben figurare anche accanto alle storiche incisioni della Costa dell’Ovest. La sua straordinaria padronanza dei tamburi e l’indipendenza totale dei quattro arti lo hanno reso dapprima una promessa ed oggi, giustamente, una realtà tra i maestri internazionali della batteria» (GINO FORTUNATO, «Il Nostro Giornale», 23 ottobre 2004, p. 38)

«I brani [del CD Adventures in West Coast Jazz] non hanno nulla da invidiare alle versioni dei più titolati musicisti americani. Il drumming di Lanza è anch’esso ragionato, minuzioso nei particolari, cesellato alla perfezione. Non trascende mai nel mero effettismo o comunque nella situazione solitaria e gigionesca. Al contrario, Gianmarco è decisamente conscio della sua tecnica sopraffina, che centellina in efficaci solo, dove è facile intravedere un personale ed originale “lirismo” fatto di atmosfere relaxin’. Il che, per un batterista, non è davvero poca cosa. Il quintetto dà vita ad una purezza musicale estrema, in antitesi con l’irruenza del Bebop. Gianmarco Lanza è piuttosto un abilissimo manager di se stesso che ha scommesso di poter dire molto di nuovo, percorrendo la sicura strada maestra del Jazz, senza compromessi» (GINO FORTUNATO, «Il Nostro Giornale», 30 ottobre 2004, p. 38)

«Per Gianmarco Lanza – appassionato cultore del jazz californiano, che proprio di questo stile si è proposto il rilancio a livello mondiale in una ammirevole rivalutazione del jazz più colto e raffinato che sia mai esistito – l’incontro con un gigante come Bud Shank rappresenta un evento centrale nella propria vita. Di Shank – indiscutibilmente il più grande altosassofonista vivente – Lanza conosce tutti i dischi e sa a memoria i suoi assolo: per cui è stato naturale per lui, nonostante l’emozione di confrontarsi con uno dei suoi massimi idoli, accompagnarlo, sottolineando, con il suo drumming incredibilmente tecnico e di rara efficacia, i vari momenti delle esecuzioni. Del resto, Lanza possiede una cultura storica jazzistica completa e, come musicista, domina perfettamente il complesso linguaggio del jazz nelle sue varie manifestazioni stilistiche, pur prediligendo il West Coast, il Cool ed il Bop. Si tratta di un batterista perfettamente ambidestro, che ha il raro dono di un’indipendenza totale dei quattro arti: per cui, con la sua tecnica incredibile, può fare quello che vuole. Ma lo si ascolti anche come accompagnatore, con quel drive pulsante e mirabilmente preciso. Su di lui sono concentrate ormai tutte le attenzioni della critica italiana e straniera e lo si è definito giustamente “the new star of jazz drumming”» (ANTONIO LANZA, Note di copertina del disco Bud Shank meets Gianmarco Lanza)

«Questi nove brani sono frutto dell’incontro tra un grande della scena jazzistica internazionale e una nuova stella, non più una speranza, del firmamento jazzistico italiano, destinata – sono pronto a giurarci – a brillare su ben altri cieli: perché Gianmarco Lanza, oltre a sfoggiare una tecnica strabiliante, dimostra di essere in possesso di quella autocritica che gli consente ad ogni nuova tappa di affinare il senso della misura senza sacrificare la fantasia, acquisendo sempre più fiducia nei propri mezzi. Le scelte musicali di Lanza sono ormai ben note a tutti, essendo per lui quasi una missione il rilancio del jazz californiano. Eccellente Lanza, che non finisce di stupirmi per la facilità e la velocità con la quale progredisce nella sua scalata all’Olimpo» (ROBERTO CAPASSO, Note di copertina del disco Bill Smith meets Gianmarco Lanza)

«La lettura che ne dà il Trio [dei brani del disco Trio “Live”] è agitata e scossa dalle marcate e scoppiettanti figurazioni ritmiche di Lanza, in tale circostanza moderno, ispirato e sciolto come solo Kenny Clarke aveva insegnato. Il disco è un attestato di fede e anche di rara modestia da parte di un giovane prodigio» (OLINDO FORTINO, in «Musica jazz», LX, dicembre 2004, p. 62)

«Il secondo album del giovanissimo talento romano è una nuova immersione negli stilemi del jazz di matrice West Coast. Lanza ha maturato un notevole strumentismo, eccellente nell’uso delle spazzole (spesso dimenticate dai batteristi contemporanei), tutto calato in quel mondo logico e ben strutturato, dai temi melodiosi e coinvolgenti e dallo swing trascinante e lineare» (MAURIZIO FRANCO, in «Musica jazz», LXI, gennaio 2005, p. 71)

«Ospiti illustri per Gianmarco Lanza, talento giovanissimo (classe 1984) in possesso di tutto quanto occorre per formare un eccellente batterista: tecnica, sensibilità musicale, conoscenza della storia dello strumento. Alla sua già notevole discografia si aggiunge quest’accoppiata, cui dà spiccato rilievo la presenza di due magnifici veterani del movimento californiano: Bud Shank, uno dei più in vista, e Bill Smith. A brillare accanto a questi maestri ospiti non è soltanto il leader con il suo variegato accompagnamento à la Shelly Manne e le sue vibranti sortite solistiche: tutti all’altezza della prova, gli italiani» (GIAN MARIO MALETTO, in «Musica jazz», LXI, febbraio 2005, p. 69)

«Notevoli il soffondere calzante del drumming di Lanza e il suo caldo e fragrante sottendere» (GIORDANO SELINI, in «Italian Jazz Convention», marzo 2005, p. 2)

«Gianmarco Lanza, batterista appena ventenne, sta conquistandosi a grandi passi un ruolo di primo piano nell’ambiente musicale, grazie ad una sensibilità ritmica molto accentuata e a doti di accompagnamento piuttosto pronunciate (CARLO PERONI, in «L’Eco del Verbano», 1° aprile 2005, p. 57)

«Bill Smith e il trio di Lanza creano un clima assorto, elegante, quasi aristocratico» (ALBERTO BAZZURRO, in «Il foglio di Francavilla», 17 luglio 2008, p. 8)

«La lunga malattia incurabile della madre ha profondamente inciso sull’attività musicale di Lanza, sin quasi a interromperla: questo doppio CD (Bill Smith-Gianmarco Lanza, Concert for Mirella, Mox Jazz MML1/2) segna il suo ritorno ufficiale sulla scena. Coadiuvato al meglio da Malaguti (che lo ha affiancato sin dall’inizio della carriera, in un rapporto quasi simbiotico) e dal bravissimo Leveratto (altro vertice di un collaudato trio), Lanza fornisce all’illustre ospite un tappeto ritmico-melodico ideale per le sue seducenti improvvisazioni. Lanza si rivela raffinato accompagnatore, anche se le sue poche ma efficacissime sortite lasciano il segno» (GIORGIO LOMBARDI, in «Musica Jazz», LXIV, novembre 2008, p. 70)

«Gianmarco Lanza, giovane e talentuoso batterista romano (classe 1984) possiede un mood senza dubbio alcuno già ben definito. Il suo periodare, il suo senso dello swing, è limpidamente delineato ed esteticamente riconoscibile. Lanza ha dalla sua, tra le altre doti, quella di rendere iridescente ogni brano, complice l'uso delle spazzole, oramai tristemente desuete nel prosodico – in alcuni casi, parodico - jazz contemporaneo. Empatico, ed altresì significativo, è il soliloquio di Gianmarco Lanza in To My Mother With Love. Quattro minuti che dimostrano, ad abundantiam, il consistente bagaglio tecnico già accumulato dal giovane musicista. Il futuro del jazz è anche, anzi soprattutto, nel suo passato. Gianmarco Lanza, in questo lavoro, lo ha ampiamente, e con bravura, dimostrato» (ALCESTE AYROLDI, in «Jazzitalia», 15 marzo 2009)

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